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La finanza europea si tinge di verde

Ordini record per la prima emissione del maxi green bond dell’Unione europea avvenuta il 12 ottobre. Un’operazione che rappresenta una svolta per l’Europa, ma anche per l’intero mercato del debito sostenibile. L’emissione, pari a 12 miliardi di euro e con durata 15 anni, ha ricevuto domande per oltre 135 miliardi. Il successo del bond consentirà alla Ue di risparmiare sugli interessi, collocando il titolo con un rendimento inferiore rispetto a quanto previsto inizialmente.

Prima di analizzare l’esplosivo successo del Green Euro Bond vediamo di cosa si tratta. 

Le “obbligazioni verdi”, o Green Bond, sono strumenti finanziari non del tutto nuovi, ma che hanno conosciuto un tasso di crescita straordinario dal 2007 a oggi. Sono obbligazioni come tutte le altre, la cui emissione è legata a progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente, come l’efficienza energetica, la produzione di energia da fonti pulite, l’uso sostenibile dei terreni e così via.

Al momento non esiste uno standard globale per certificare come “verde” un determinato bond ma ci sono le linee guida elaborate dall’International Capital Market Association (ICMA).

I princìpi ICMA sono quattro: per prima cosa, chi emette un titolo deve identificare con chiarezza la destinazione dei proventi. In secondo luogo, deve seguire alcuni procedimenti particolari nella valutazione e selezione dei progetti, che devono rientrare in un elenco di categorie.

Inoltre, chi emette l’obbligazione deve garantire la massima trasparenza nel comunicare la gestione dei proventi. Infine devono essere resi disponibili dei report per mantenere aggiornati gli investitori sull’avanzamento dei progetti finanziati.

Nello specifico i green bond emessi dalla Ue, serviranno a finanziare parte di Next Generation Eu: il pacchetto da 800 miliardi di euro lanciato da Bruxelles per favorire la ripresa dell’economia Ue dalla crisi pandemica. 

L’obiettivo dei vertici comunitari è di raccogliere 250 miliardi di euro entro il 2026, circa il 30% dell’intero piano per la «prossima generazione» europea.

I bond emessi devono rispondere a dei criteri fissati dalla Commissione per verificare che l’impatto dei finanziamenti sia davvero a beneficio della svolta green impressa dal maxi-piano europeo. Gli stati membri che incasseranno le quote di risorse destinate ai propri Recovery Plan, i piani di ripresa nazionale, dovranno poi rendere conto alla Commissione europea sulle spese green effettuate. La rendicontazione ruoterà intorno a nove categorie, incluse energia pulita, efficienza energetica e trasporti puliti.

Visti i numeri, quindi, l’Europa diventerà il più grande emittente di green bond a livello globale con il segmento sovrano che registra una forte crescita all’interno del mercato delle obbligazioni verdi, alla luce del fatto che un certo numero di Paesi membri ha emesso obbligazioni verdi sovrane proprie.

Tuttavia l’Italia è in netto ritardo rispetto all’onda europea nell’emissione dei green bond propri.

In Italia, stando alle statistiche di Climate Bonds Iniziative, infatti sono stati emessi green bond per 18,8 miliardi di dollari. Un dato che, in Europa, ci colloca molto distanti da Francia (124,3 miliardi) e Germania (93,3 miliardi). Siamo in ritardo anche rispetto a Svezia (43 miliardi) e Spagna (35,7 miliardi).

È comunque prudente chiedersi se non ci si stia muovendo troppo velocemente sui titoli green. Se pensiamo allo scoppio della bolla tecnologica nel 2000, gli investitori avevano ragione, soprattutto per quanto riguarda il fortissimo potenziale dell’e-commerce. Ma erano cinque-dieci anni in anticipo, perché né le infrastrutture né il consumatore erano pronti per queste nuove tecnologie.
Insomma, l’esperienza insegna che a volte è meglio diffidare delle mode. Investire nei titoli green di oggi non è necessariamente il modo migliore per contribuire alla decarbonizzazione dell’economia e per avere successo negli investimenti finanziari a lungo termine.

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