S. ha 31 anni e da poco ha cambiato lavoro sperando di trovare altrove migliori prospettive di crescita. E. a 28 anni ha capito che nella vita non vuole fare l’impiegata e che quel posto sicuro e ben remunerato non la rende felice, così si licenzia e inizia a piantare le radici di una propria attività imprenditoriale.
L. di anni ne ha già 40, anche lei lascia un lavoro che non la gratifica per dedicarsi alla sua passione: la scrittura.
R. ha 33 anni, è un libero professionista ma non si sente realizzato. Durante la pandemia trova finalmente il coraggio di intraprendere la strada che aveva sempre sognato.
M. ha 29 anni, il suo impiego non le dispiace ma l’ambiente e le condizioni di lavoro la stanno portando all’esaurimento nervoso.
A. ha 31 anni, ama il suo lavoro nonostante il suo impegno non venga adeguatamente riconosciuto.
E io che di anni ne ho 30 ho già dato due volte le dimissioni sempre per gli stessi motivi: ambiente di lavoro malsano privo di valori che potessi condividere, mancanza di gratificazione, assenza di opportunità di crescita professionale.
Benessere e Malessere
Quasi l’85% delle persone ritiene che il proprio benessere psicologico generale sia correlato al proprio benessere sul lavoro, e viceversa. Questo dato emerge dalla ricerca effettuata da BVA Doxa per Mindwork sul benessere psicologico delle lavoratrici e dei lavoratori italiani e presentata in occasione della Giornata Internazionale della Salute Mentale del 10 ottobre 2021.
Lo studio evidenzia come la quota di lavoratrici e lavoratori che hanno presentato sintomi di burnout sia raddoppiata durante la pandemia, così come è aumentato dal 35% al 49% il numero di persone che soffrono di ansia e insonnia per motivi legati al lavoro.
Ma cosa si intende per burnout? Riconosciuto come sindrome dal 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo ha definito come un fenomeno occupazionale dovuto a stress cronico mal gestito. I sintomi del burnout sono difficoltà di concentrazione, bassa stima di sé, depersonalizzazione, senso di colpa, indecisione, fino ad arrivare a un vero e proprio sfinimento psichico.
Sempre la ricerca di DOXA svela che il malessere emotivo incide soprattutto sui più giovani, i quali avrebbero una maggiore propensione a lasciare il lavoro. Si stima infatti che il 49% degli under 34 si sia dimesso almeno una volta per preservare la propria salute psicologica: una tendenza in aumento del 5% rispetto al 2020.
Quanto conta l’ambiente di lavoro?
Tanto, troppo, sempre di più. In base alla stessa ricerca, il 92% dei lavoratori ritiene importante che l’azienda si occupi attivamente del “benessere psicologico” dei propri dipendenti. Non a caso, la pandemia ha fatto emergere anche il dibattito sul welfare aziendale portando l’attenzione sulla responsabilità sociale che le imprese hanno in primo luogo nei confronti dei lavoratori.
Secondo il rapporto Welfare Index PMI 2021 di Generali, tra il 2020 e il 2021 le iniziative di welfare messe in atto dalle PMI sono cresciute di oltre il 60%. Le nuove misure di welfare hanno portato, in generale, a un aumento della produttività e hanno sancito anche un cambio radicale dei modelli organizzativi.
Si è finalmente capito ciò che Olivetti aveva già intuito qualche decennio fa: le aziende sono come le comunità, possono andare avanti solo se nessuno viene lasciato indietro. Ed è palese che da ora in poi le aziende che si distinguono per un sistema di welfare strutturato risulteranno più attrattive rispetto a quelle che non si sono evolute nella stessa direzione.
May you live in interesting times
Non si tratta di un fenomeno prettamente italiano, ma di una tendenza che è andata diffondendosi nei paesi occidentali durante la pandemia, quando le persone hanno finalmente trovato il tempo di fermarsi, di non vivere in funzione del lavoro, di riflettere sul proprio benessere.
Negli Stati Uniti, per esempio, si parla già di Great Resignation per descrivere l’esodo di massa dei 19 milioni di lavoratori che tra marzo e luglio 2021 hanno lasciato il proprio lavoro in cerca di nuove opportunità, spesso anche per avviare progetti imprenditoriali: si tratta di 7 milioni di persone in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Secondo una ricerca di Limeade, il burnout è stato la causa scatenante per il 40% degli americani che hanno dato le dimissioni nel 2021. Tra gli altri motivi: carenze organizzative, benefit insufficienti, mancanza di gratificazione, mancanza di flessibilità, assenza di forme di welfare aziendale.
Equilibri precari
La pandemia ha quindi avuto anche un effetto positivo: ci ha ricordato il valore e la limitatezza del tempo a nostra disposizione. Per molte persone questa rinnovata consapevolezza ha determinato scelte decisive, a volte drastiche come quella di abbandonare il proprio posto di lavoro, per ritrovare una dimensione più umana e autentica.
Il mondo che conoscevamo all’alba del 2020 è già cambiato e continua a mutare ogni giorno: di questo il lavoro del futuro dovrà tenerne conto.