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Green Pass e ripartenza: cosa succede se ne viene meno l’obbligatorietà nei luoghi di lavoro?

L’obbligatorietà del green pass nelle mense aziendali ha scatenato il dibattito e attenuato le speranze sulla ripartenza: da un lato gli industriali, guidati da Confindustria, favorevoli alle nuove regole e impazienti di lasciarsi alle spalle la stagione appena trascorsa, dall’altro i sindacati, scettici sulla misura e che vorrebbero invece che il governo assumesse una posizione chiara in merito alla gestione dei protocolli Covid nei luoghi di lavoro. Nel centro, per l’appunto, la Politica, confusa più che mai su come affrontare il prossimo autunno.

Quando sento qualcuno mettere in dubbio la legittimità del green pass e l’utilità dei vaccini mi vengono in mente sostanzialmente tre questioni. La prima è la differenza tra sicurezza percepita e sicurezza reale, la seconda è la concezione di libertà personale, la terza è la sensibilità e il rispetto verso il prossimo, verso la comunità.

Questa pandemia ha dimostrato che in Italia la sicurezza percepita abbia molto più peso della sicurezza reale. Ancora, quelli che hanno paragonato la gestione della pandemia a una dittatura sono probabilmente gli stessi che considerano l’obbligo di green pass una mera imposizione.

Probabilmente cambierebbero idea se trascorressero qualche mese in un paese dove la dittatura esiste sul serio. Il rispetto verso la comunità è un tema che ingloba i due precedenti, perché vivere con gli altri significa riconoscere che la libertà personale non è assoluta, ma deve convivere con le libertà personali delle altre persone. In un mondo che freme per tornare alla normalità ed evitare di vivere altre stagioni come quella che ci vorremmo lasciare alle spalle, l’obbligatorietà del green pass nei luoghi di lavoro fa molto discutere.

Green pass sì, Green pass no

A ben vedere, il cortocircuito si crea nella contraddizione tra obbligatorietà del green pass e non obbligatorietà del vaccino.

La posizione di Confindustria e di molti imprenditori in generale è chiara: se il Green Pass ci permetterà di lavorare e di evitare un altro anno di perdite e di chiusure, allora ben venga la sua obbligatorietà. Proprio recentemente, Bonomi, il presidente di Confindustria, si è dichiarato a favore dell’aggiornamento dei protocolli sanitari per rendere obbligatorio il green pass nei luoghi di lavoro, e ha richiamato i sindacati e i partiti alla responsabilità perché, in questo momento, la vera urgenza è quella di ricostruire il Paese.

Meno chiara, infatti, è stata la posizione dei sindacati che, da un lato, non condividono in toto l’obbligatorietà del green pass nei luoghi di lavoro, specie nelle mense aziendali, dall’altro affermano che se il governo intende andare in questa direzione allora lo deve fare tramite l’emanazione di una legge (prendendosi la responsabilità dell’atto e non scaricandola sulle relazioni industriali, aggiungo).

La gestione delle mense aziendali è quella che più di tutte ha fatto discutere. La pubblicazione della Faq del Governo lo scorso 15 agosto in cui si sanciva l’obbligatorietà del green pass nelle mense aziendali ha scatenato l’insurrezione delle maggiori sigle sindacali, le quali hanno sostenuto che la misura fosse discriminatoria e che una mensa aziendale non potesse essere paragonata a un ristorante.

Più di qualcuno, per fortuna, ha fatto notare che gli argomenti prioritari fossero ben altri: la sicurezza sul lavoro, dal momento che il Covid viene considerato dall’Inail come infortunio, e i diritti dei lavoratori vaccinati (che sono la maggior parte) e di quelli fragili che non possono accedere ai vaccini e vorrebbero per lo meno sentirsi tutelati nel luogo di lavoro. 

Il Governo, dal suo canto, si muove nel limbo dell’obbligatorietà del green pass, preferendo differenziare i settori di applicazione piuttosto che prevedere una misura comune per tutti i comparti.

Il green pass è infatti già obbligatorio per 3,4 milioni di lavoratori: si tratta del personale sanitario e di quello di scuola e università. Tra questi, coloro che non si adegueranno saranno sospesi e rischieranno di rimanere senza retribuzione.

Sul fronte della scuola sono però ancora molti gli insegnanti senza certificato verde e le raccolte firme per revocarne l’obbligatorietà non hanno tardato a farsi sentire. Sembra assurdo, guardando l’anno e mezzo appena trascorso e il disagio che la pandemia ha provocato ai ragazzi, tra privazione della socialità e didattica a distanza. Forse sarebbe più utile che gli insegnanti mettessero in discussione il sistema educativo nel suo complesso, combattendo battaglie delle quali possano davvero beneficiare le generazioni più giovani.

Il vaccino funziona

Il sindacato sostiene che il vaccino non sia la cura definitiva. E chissà, è possibile che abbia ragione: magari nei prossimi anni verranno sviluppate nuove terapie o vaccini più risolutivi. Sta di fatto che, ad oggi, il vaccino è l’unica strada per rendere la malattia meno aggressiva, evitare di sovraccaricare i reparti di terapia intensiva degli ospedali e limitare i decessi.

Secondo quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la maggior parte dei casi di Covid notificati tra luglio e agosto in Italia sono stati diagnosticati in persone non vaccinate. Nelle persone completamente vaccinate è stato invece riscontrato un effetto di riduzione del rischio di infezione, a dimostrazione della validità e dell’utilità dei vaccini.

Cosa ci riserverà l’autunno? Se l’evoluzione del virus è di difficile previsione, possiamo invece scegliere come affrontare le prossime ondate e fare del nostro meglio per non fermare il mondo, di nuovo.

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