Nadia è una donna energica e risoluta, caratteristiche tipiche delle sue simili dell’Est Europa. Vive in Italia da diversi anni e al lavoro come badante alterna quello di colf. In Georgia si è lasciata alle spalle un’esistenza modesta, un marito violento, una figlia a cui dare un futuro diverso. E, nel suo piccolo, ha avuto la sua rivincita: grazie alle sue rimesse la figlia ha potuto frequentare l’università, e lei si è costruita una nuova vita in Italia. Sembrerebbe una fiaba moderna, una bella storia a lieto fine. Eppure, per comprendere la fortuna di Nadia è necessario indagare le ragioni alla base della crescita del settore del lavoro domestico.
Emergenza demografica
Perché gli italiani hanno sempre più bisogno di badanti e colf? Principalmente per motivi demografici. L’Italia è il paese europeo con il più alto numero di anziani e con l’età media più elevata (46,7 anni), dove gli over 65 rappresentano il 22,8% della popolazione, contro una media europea del 20,3%. La percentuale di persone con almeno 80 anni è invece del 7,2%, mentre in Europa è del 5,7% (Eurostat, 2019).
Allo stesso tempo, in Italia il tasso di fecondità è inferiore ai due figli per donna e si attesta all’1,27% (Istat, 2019), percentuale in continua diminuzione dal 1977. Le donne, un tempo regine – volenti o nolenti – del focolare domestico, oggi partecipano sempre di più al mercato del lavoro, fanno meno figli, hanno poco tempo libero e spesso non possono contare sull’aiuto di una rete familiare di supporto.
In definitiva, accade sempre più spesso che esse non abbiano il tempo e le risorse per prendersi cura dei bambini e degli anziani presenti nelle loro famiglie. Questa situazione ha determinato non solo una crescente richiesta di badanti (meglio definiti assistenti familiari), ma anche di colf (o collaboratori domestici) e di babysitter.
La dimensione del lavoro domestico
Stando ai dati pubblicati dall’Associazione DOMINA nel Rapporto annuale sul lavoro domestico del 2020, in Italia il numero totale dei lavoratori domestici si aggirerebbe attorno ai 2 milioni, di cui solo 850mila – meno della metà – in possesso di un contratto di lavoro regolare. Il lavoro nero è quindi altamente diffuso e riguarda il 57,6% dei lavoratori del settore.
La componente straniera (70% del totale) è significativa, in particolare proveniente dall’Est Europa, così come quella femminile (89%). Per le donne migranti, nello specifico, il lavoro domestico rappresenta la principale opportunità di occupazione nel nostro paese.
Tuttavia, mentre dal 2012 gli assistenti familiari, o badanti, stranieri sono diminuiti del 5,2% – passando da 319mila a 302mila, il numero degli italiani operanti nel settore è aumentato del 125,8%, da 47mila a 105mila. Tra i collaboratori domestici, o colf, la quota degli stranieri è diminuita nettamente del 41,7%, passando da 504mila a 294mila, mentre la presenza degli italiani è rimasta pressoché invariata: da 145mila a 147mila (+1,4%). Per quanto riguarda le classi d’età, mentre nel 2012 la maggioranza dei lavoratori domestici aveva un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, oggi la fascia più numerosa è quella degli ultra 50enni (52,4%).
In generale, nell’ultimo decennio il numero di badanti è costantemente aumentato, a differenza di quello dei/delle colf che è andato invece a diminuire, a conferma di quanto la cura degli anziani stia diventando sempre più indispensabile. L’aumento delle badanti italiane, invece, è un segnale forte che dovrebbe farci riflettere sulle effettive opportunità di accesso al mercato del lavoro per le nostre connazionali.
L’impatto economico del lavoro domestico
Secondo le stime dell’Associazione DOMINA, se lo Stato si facesse carico degli anziani accuditi attualmente in casa andrebbe incontro a una spesa annuale di circa 11 miliardi di euro. Un bel risparmio, quindi, se si pensa che le famiglie che svolgono il ruolo di “datori di lavoro” spendono circa 15 miliardi all’anno. Negli ultimi decenni, infatti, lo Stato ha sempre più favorito un sistema di “welfare familiare”, delegando alle famiglie la cura degli anziani ed elargendo piuttosto trasferimenti monetari diretti come misura di welfare pubblico. In generale, si potrebbe dire che sia in corso una tendenza alla privatizzazione della sanità.
Infine, evidenziamo che il lavoro domestico genera un gettito fiscale e contributivo pari a 1,5 miliardi, che potrebbe arrivare a 3,6 risolvendo il problema del lavoro nero. Abbiamo quindi a che fare con un settore dalle dimensioni considerevoli, paragonabile a quello dell’istruzione per numero di occupati dipendenti.
Il lavoro domestico durante la pandemia da Covid19
La pandemia ha avuto un forte impatto sulle famiglie e sulla gestione del lavoro domestico. Per permettere alle famiglie di regolarizzare le posizioni dei loro lavoratori e aiutarle ad affrontare la pandemia in modo più agevole, il Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020) ha agito da sanatoria andando a normalizzare molti rapporti di lavoro irregolari (nello specifico sono state presentate 220.528 domande). Dall’altro lato, le stesse famiglie hanno provveduto in autonomia a regolarizzare le assunzioni, tanto che a marzo 2020 la percentuale di rapporti di lavoro è aumentata del 60% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Cosa ci aspetta domani?
Il processo di invecchiamento della popolazione italiana è iniziato ormai oltre cinquant’anni fa. Le tendenze demografiche a cui assistiamo sono il risultato di trasformazioni economiche, sociali e culturali di lunga durata che hanno determinato anche un’evoluzione del concetto stesso di famiglia. Se c’è una cosa di cui possiamo avere la certezza, infatti, è che questo processo non è reversibile. Potrebbe essere tuttavia gestibile e migliorabile, se i Governi decidessero di investire maggiormente nelle politiche per la famiglia e nel welfare pubblico.
La sfida che la Politica dovrebbe affrontare è quindi duplice: da un lato, tutelare e dare dignità ai lavoratori domestici, andando anche a contrastare il lavoro nero; dall’altro trovare il modo di salvaguardare la qualità della vita che abbiamo raggiunto, in particolare le donne, garantendo la sopravvivenza della società e un equilibrato ricambio generazionale.