Che i giovani prendano stipendi bassi (molto bassi) non è una novità.
Sarà capitato anche a te di leggere storie di ragazz* che lavorano senza sosta per una paga da fame o, nel peggiore dei casi, sei proprio tu uno di loro!
Ma come mai ci pagano così poco??
I motivi sono tanti: ci sono quelli che “meglio uno stagista oggi che un dipendente domani”, quelli che “tu lavori, io guadagno” oppure quelli che “gavetta = non ti do una lira”.
Oltre a questi grandi classici c’è anche un fattore a cui prestiamo poca attenzione: la produttività!
Come ci ricorda l’enciclopedia Treccani la produttività “misura l’efficienza del processo produttivo, data dal rapporto tra output e input”.
In parole spicciole la produttività ci fa capire se stiamo impiegando le risorse (lavoro e capitale) in modo efficiente per ottenere un certo livello di produzione.
Quand’è che siamo efficienti? Quando usiamo un minor numero di risorse ma produciamo di più! Questo si traduce anche in costi più bassi e guadagni più alti. E se ci sono guadagni più alti vuol dire che si hanno più soldi da investire anche nelle risorse e indovina un po’? Ci siamo anche noi tra quest’ultime!
Quindi essere produttivi è una gran bella cosa e ci fa vivere tutti meglio, peccato che in Italia ci sia qualche problemino a riguardo.
Nel report “Misure di produttività 1995-2019” l’Istat dichiara che nel 2019 si è registrato un calo della produttività.
Nello specifico la produttività del lavoro (cioè la produzione che si ottiene con tot ore di lavoro) si è ridotta dello 0,4%, mentre quella del capitale (quindi la produzione ottenuta impiegando una certa quantità di beni) è diminuita dello 0,8%.
Non ce la caviamo bene neanche con la produttività totale dei fattori, diminuita dello 0,5%. Quest’ultima si riferisce all’efficienza della produzione dovuta a fattori come l’utilizzo di nuove tecnologie, cambiamenti organizzativi o miglioramenti nella conoscenza.
Insomma l’Italia non cresce e questo è un problema, anche per le nostre tasche. Ma come mai questa bassa, bassissima produttività?
Come sempre le cause del problema prendono le sembianze di una matassa non semplice da sbrogliare, eppure ci sono due fattori che ricoprono un certo peso: investimenti in ricerca e sviluppo e investimenti nell’istruzione.
A dirlo non sono io, ma Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, che ha affermato quanto segue: “la crescita economica dipende dalla capacità di integrare e promuovere l’innovazione, che richiede una spesa adeguata in nuove tecnologie, nonché dalla quantità e qualità degli investimenti nell’istruzione, dalla scuola primaria fino all’università”.
Che dire? Un discorso che non fa una piega!
Se ci pensi infatti ci troviamo di fronte a una sorta di circolo vizioso che si autoalimenta.
Funziona più o meno così: non investiamo in ricerca e sviluppo, quindi non abbiamo e non adottiamo le tecnologie che ci permetterebbero di aumentare quella benedetta produttività.
Inoltre non investiamo neanche sull’istruzione e questo, lo sappiamo fin toppo bene, si traduce in un basso livello di conoscenze e competenze.
Ma c’è di più! Il Governatore afferma che “le difficoltà a reperire le competenze adeguate sul mercato del lavoro potrebbe aver spinto le imprese a consolidare la loro scarsa propensione a investire in nuove tecnologie, riducendo in tal modo la necessità di manodopera qualificata”.
E quindi ciao ciao alle nostre prospettive di crescita (sia di competenze che di portafoglio!).
E chi è qualificato ma in Italia trova solo stipendi da fame? Prende la valigia e, spesso con il cuore in mano, parte.
Insomma qui ci troviamo di fronte a una situazione brutta e, diciamolo, anche parecchio triste!
Come spezzare questo circolo e far funzionare le cose?
Sicuramente invitare chi di competenza a investire di più (mooolto di più) in ricerca, sviluppo e istruzione è cosa buona e giusta, ma non basta.
In quanto cittadini di questo Paese siamo tutti responsabili di quello che succede e tutti, in un modo o nell’altro, possiamo fare qualcosa.
In che modo?
- Andando oltre lo studio delle materie che ci vengono proposte sui banchi di scuola e acquisendo da soli le conoscenze che ci servono (abbiamo internet…sfruttiamolo!).
- Informandoci su quanti soldi si investono per la nostra istruzione, monitorando in che modo vengono usati e chiedendo che si investa molto di più (perché, si sa, quando si parla di istruzione si hanno le braccia sempre troppo corte).
- Facendo pressione affinché si spenda di più anche in ricerca e sviluppo e, se ci si accorge che le cose non girano come dovrebbero, denunciare o per lo meno fare in modo che le magagne e i sotterfugi vengano allo scoperto, così da porvi rimedio.
- Affiancando una soluzione alle critiche che solleviamo. Non importa quanto possa sembrare ridicola, piccola o insignificante, ma da qualche parte bisogna pur cominciare!
È possibile spezzare il circolo vizioso con queste azioni? È possibile far ripartire la produttività e quindi guadagnare anche di più?
Certo che sì, ma ci vuole tempo e costanza, d’altronde Roma non è stata costruita in un giorno, giusto?