I professionisti ordinistici sono attualmente più di 2,3 milioni e rappresentano una parte rilevante del mercato del lavoro italiano, contribuendo alla formazione del 14% del prodotto interno lordo. Di questi 2,3 mln, i giovani professionisti under 40 sono il 40%.
Stando ai Rapporti sulla Previdenza privata, sono sempre di più gli iscritti che dicono addio alla professione, cancellandosi dagli elenchi degli ordini. Il motivo è sempre lo stesso: l’impossibilità di pagare i contributi minimi richiesti dalle Casse private.
Secondo i dati Adepp, l’associazione che riunisce le casse pensionistiche dei professionisti italiani, il giovane professionista italiano ha, in media, mantenuto a fatica i suoi livelli di reddito nominale negli ultimi anni.
Tuttavia non tutti hanno subito così tanti danni: secondo il rapporto sulla Previdenza privata, infatti, medici, infermieri e veterinari si sono salvati: negli ultimi 10 anni il loro reddito reale è cresciuto del 7,1%. Commercialisti e ragionieri, un tempo considerati insensibili alle fluttuazioni del ciclo economico, hanno perso il 14%.
Ingegneri e architetti, alle prese con la più grande crisi edilizia dal dopoguerra, hanno perso il 22%. La peggiore crisi ha colpito gli avvocati, con un drammatico -35% del reddito depurato dall’inflazione (a guardare il reddito nominale il calo degli avvocati è del 23%).
Le categorie più colpite dal calo dei redditi sono: biologi, consulenti del lavoro, notai, psicologi, avvocati, architetti.
I dati allarmanti per i professionisti (tutti, in generale) non finiscono qui però:
– la disoccupazione è aumentata al 30%
– il reddito d’ingresso si è ridotto collocandosi intorno agli 800 euro e 1500 dopo cinque anni di professione,
– il tempo d’attesa per ottenere il pagamento delle parcelle è di 172 giorni nel caso di privati, 217 nel caso di cliente pubblico.
Infine, il 57% degli studi professionali ha debiti con banche, istituzioni finanziarie o fornitori.
Si deve arrivare alla fascia 45/50 anni per trovarsi di fronte a poco più di 40mila euro lorde all’anno. Le professioni non remunerano i giovani quindi?
Se da un lato il reddito dei professionisti è in calo, dall’altro però aumenta il numero degli iscritti alle casse previdenziali. Dunque la beffa diventa particolarmente rilevante e ha sollevato i malumori dei giovani professionisti negli ultimi giorni.
I contribuenti iscritti a queste casse versano una quota di contributi soggettivi (cosiddetti minimi) che fungono anche da acconti e una quota di contributi integrativi a saldo, calcolati sulla base dei redditi prodotti.
L’esonero contributivo previsto dall’ultimo decreto messo in campo riguarda solo i contributi soggettivi. Pertanto a parità di reddito, un giovane professionista dovrà pagare molto di più a saldo rispetto ad un professionista senior.
Occorre sottolineare che il decreto attende la revisione dell’ Agenzia delle entrate relativamente ai limiti reddituali a cui si applica per essere attuato.
Questo ennesimo smacco ai neo- professionisti li ha spinti a scendere in piazza per la prima volta insieme. Senza distinzioni di categorie.
In particolare, nel Manifesto presentato i giovani professionisti italiani chiedono di non discriminare i professionisti nel riconoscimento di misure di sostegno economico alle imprese in difficoltà.E ancora, di dare ascolto ai professionisti circa la complessità normativa e le criticità operative, i professionisti devono diventare interlocutori imprescindibili del governo. In particolare che lo Stato in cui credono e in cui investono quotidianamente li consideri come risorse per la crescita e il futuro del Paese su cui investire, riducendo la pressione fiscale ed evitando come sistema, il triste fenomeno dell’emigrazione professionale.