Condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su whatsapp
Condividi su telegram
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su email

Il grido d’aiuto dei giovani professionisti italiani

I giovani professionisti under 40 rappresentano circa 1 dei 2,3 milioni di professionisti italiani e il loro lavoro contribuisce in maniera notevole al Pil nazionale. Purtroppo però si sentono trascurati dalla politica, non adeguatamente sostenuti in un momento di crisi come questo che li ha colpiti duramente, al pari di tutte le altre categorie produttive.

I professionisti ordinistici sono attualmente più di 2,3 milioni e rappresentano una parte rilevante del mercato del lavoro italiano, contribuendo alla formazione del 14% del prodotto interno lordo. Di questi 2,3 mln, i giovani professionisti under 40 sono il 40%.

Stando ai Rapporti sulla Previdenza privata, sono sempre di più gli iscritti che dicono addio alla professione, cancellandosi dagli elenchi degli ordini. Il motivo è sempre lo stesso: l’impossibilità di pagare i contributi minimi richiesti dalle Casse private.

Secondo i dati Adepp, l’associazione che riunisce le casse pensionistiche dei professionisti italiani, il giovane professionista italiano ha, in media, mantenuto a fatica i suoi livelli di reddito nominale negli ultimi anni.

Tuttavia non tutti hanno subito così tanti danni: secondo il rapporto sulla Previdenza privata, infatti,  medici, infermieri e veterinari si sono salvati: negli ultimi 10 anni il loro reddito reale è cresciuto del 7,1%. Commercialisti e ragionieri, un tempo considerati insensibili alle fluttuazioni del ciclo economico, hanno perso il 14%.

Ingegneri e architetti, alle prese con la più grande crisi edilizia dal dopoguerra, hanno perso il 22%. La peggiore crisi ha colpito gli avvocati, con un drammatico -35% del reddito depurato dall’inflazione (a guardare il reddito nominale il calo degli avvocati è del 23%).

Le categorie più colpite dal calo dei redditi sono: biologi, consulenti del lavoro, notai, psicologi, avvocati, architetti.

I dati allarmanti per i professionisti (tutti, in generale) non finiscono qui però:
– la disoccupazione è aumentata al 30%
– il reddito d’ingresso si è ridotto collocandosi intorno agli 800 euro e 1500 dopo cinque anni di professione,
– il tempo d’attesa per ottenere il pagamento delle parcelle è di 172 giorni nel caso di privati, 217 nel caso di cliente pubblico.

Infine, il 57% degli studi professionali ha debiti con banche, istituzioni finanziarie o fornitori.

Si deve arrivare alla fascia 45/50 anni per trovarsi di fronte a poco più di 40mila euro lorde all’anno. Le professioni non remunerano i giovani quindi? 

Se da un lato il reddito dei professionisti è in calo, dall’altro però aumenta il numero degli iscritti alle casse previdenziali. Dunque la beffa diventa particolarmente rilevante e ha sollevato i malumori dei giovani professionisti negli ultimi giorni.

I contribuenti iscritti a queste casse versano una quota di contributi soggettivi (cosiddetti minimi) che fungono anche da acconti e una quota di contributi integrativi a saldo, calcolati sulla base dei redditi prodotti.

L’esonero contributivo previsto dall’ultimo decreto messo in campo riguarda solo i contributi soggettivi. Pertanto a parità di reddito, un giovane professionista dovrà pagare molto di più a saldo rispetto ad un professionista senior.

Occorre sottolineare che il decreto attende la revisione dell’ Agenzia delle entrate relativamente ai limiti reddituali a cui si applica per essere attuato.

Questo ennesimo smacco ai neo- professionisti li ha spinti a scendere in piazza per la prima volta insieme. Senza distinzioni di categorie.

In particolare, nel Manifesto presentato i giovani professionisti italiani chiedono di non discriminare i professionisti nel riconoscimento di misure di sostegno economico alle imprese in difficoltà.E ancora, di dare ascolto ai professionisti circa la complessità normativa e le criticità operative, i professionisti devono diventare interlocutori imprescindibili del governo. In particolare che lo Stato in cui credono e in cui investono quotidianamente li consideri come risorse per la crescita e il futuro del Paese su cui investire, riducendo la pressione fiscale ed evitando come sistema, il triste fenomeno dell’emigrazione professionale.

Condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su whatsapp
Condividi su telegram
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su email

News simili