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L’impresa italiana più florida: la Mafia

Secondo le stime della Banca d’Italia, se il riciclaggio nel mondo è pari al 5% del Pil, in Italia è superiore al 10% . La droga è il mercato più attivo: registra un fatturato in Italia di 25 miliardi, esentasse.

La criminalità organizzata ha un’elevata capacità di infiltrarsi nel tessuto

economico e sociale del nostro Paese. Ciò denota il fatto che essa non si configura come un difetto della società civile, bensì come parte attiva. 

La criminalità organizzata italiana registra, infatti, circa 150 miliardi di ricavi a fronte di poco più di 35 miliardi di costi, conseguendo così utili per oltre 100 miliardi: un’azienda florida. Questi numeri addirittura surclassano quelli dei colossi Europei dell’energia.

La nascita di questo business è legata all’assenza dello Stato, la stessa che ne favorisce quotidianamente la rigenerazione. L’incapacità di intervento si evidenzia nel fatto che le banche mostrano a queste ‘’ imprese irregolari’’ una certa disponibilità al credito, prassi che spesso resta indisturbata. Disponibilità che il più delle volte non riscontrano le imprese regolari.

L’economia mafiosa, così, è in grado di erodere ben il 15% del nostro PIL pro capite. Ma dove finiscono questi guadagni? 

Le organizzazioni criminali prediligono reinvestirli in beni di lusso: auto, barche, gioielli, ma anche immobili e aziende. Oltre che in settori “tradizionali” come bar e ristoranti, l’edilizia, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, nei trasporti, nelle attività immobiliari e nel settore alberghiero. Inoltre accrescono gli interessi verso settori come il money transfer, i casino, VLT e slot-machine, lo smaltimento rifiuti, le energie rinnovabili e la distribuzione gas/carburanti. 

Un business che non trascura alcun settore insomma!

Per evidenziare la relazione causale tra la presenza della criminalità organizzata in un territorio e livelli più bassi del pil pro-capite e tassi maggiori di disoccupazione possiamo ricorrere al caso “Puglia” dove l’avvento della criminalità organizzata ha determinato una riduzione tra il 15 e il 20% del Pil pro-capite regionale su un arco di 30 anni. Ancora, la crescita della corruzione e la sostituzione di investimenti privati con investimenti pubblici meno produttivi sono i canali attraverso i quali la criminalità organizzata ha inciso negativamente sull’economia. 

Nonostante sia radicata l’opinione secondo cui l’economia mafiosa sia una peculiarità meridionale, gli ultimi dati registrano un allargamento del raggio d’azione al Centro- Nord. Qui le mafie ricercano un accesso privilegiato alle risorse pubbliche tramite pressioni e accordi con le pubbliche amministrazioni, facendo largamente ricorso alla corruzione per facilitare l’infiltrazione negli appalti e nei sub-appalti od offrendosi a un tempo come garanti delle transazioni che prendono forma nei circuiti di “corruzione sistemica”.

Se volessimo quindi trattare la mafia come una vera e propria impresa, stando alle stime di Confesercenti, l’utile di Mafia Spa arriverebbe a 105 miliardi all’anno. Cioè quasi il triplo (2,85 volte) di tutte le 260 società italiane quotate in Borsa. 

Come dire che se si quotasse in Borsa, e quindi vendesse le sue azioni al pubblico, con il ricavato la Mafia potrebbe comprarsi tutta la Borsa di Milano. E le resterebbero ancora molti soldi: 1.092 miliardi ancora da investire. E non è da escludere che con le sue immense ricchezze la mafia sia già entrata nel capitale delle grandi società quotate in Borsa.

Quindi la Mafia non è soltanto una cosa con cui hanno dovuto fare i conti nel recente passato molti italiani, ma con cui faremo i conti anche noi prima o poi.

D’accordo con i criteri dell’Ue, da qualche anno l’Istat calcola nel Pil dell’Italia anche le attività illegali. 

Come dire: senza di loro dovremmo sentirci più poveri.

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