Di solito vanno e vengono ma ci sono posti in cui se vanno e basta.
Ma di chi stiamo parlando?
Dei giovani ovviamente!
Ormai sono molti anni che assistiamo inermi all’aumento degli italiani che prendono la valigia e si trasferiscono.
E non sto parlando di quelli che vanno all’estero ma di quelli che si spostano…in Italia! Secondo l’ultimo report Istat, nel 2019 il volume complessivo dei movimenti interni ha superato 1 milione 485mila trasferimenti.
Indovina un po’ qual è “la rotta” più seguita?
Dal Sud e dalle Isole al Centro-nord ovviamente!
Chissà, forse anche tu, come me, avrai fatto questa scelta.
Ma lo sai che siamo in tanti? Pensa che, sempre secondo il rapporto sopra citato, negli ultimi dieci anni ci sono stati circa 1 milione 140mila movimenti lungo questa traiettoria.
La maggior parte di questi flussi è composto da “giovani in età attiva”, ovvero da persone tra i 18 e i 35 anni di cui “il 41% è in possesso di almeno la laurea, mentre uno su tre parte con in tasca il diploma”.
Molti giovani, i più fortunati, decidono spesso di spostarsi per motivi di studio o di lavoro. Così vediamo regioni come la Lombardia o l’Emilia-Romagna popolate da nuove risorse mentre altre come la Calabria, la Basilicata o il Molise costrette a dirgli addio.
L’arrivo del Covid però ha rimescolato le carte in tavola.
Moltissimi sono i giovani rientrati alla base, sia studenti che lavoratori.
È stato addirittura coniato un nuovo termine: south working, lo smart working direttamente a casa tua…al Sud!
Questo apre un incredibile ventaglio di opportunità.
Secondo il Sole 24 Ore saranno più della metà (54%) le aziende che ricorreranno allo smart working anche dopo l’emergenza. Cambiano le modalità di lavoro e si allarga il bacino da cui selezionare nuovi talenti.
In effetti uno dei trend evidenziati dal Corriere della Sera è l’aumento delle risorse esterne alle aziende, che dal 28% sono passate al 44%.
Lo smart (south) working potrebbe consentire a tanti giovani di trovare lavoro e, allo stesso tempo, restare nella propria regione d’origine.
Eppure siamo sicuri che questo possa davvero fermare i giovani?
Sebbene lo stesso direttore di SVIMEZ, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, abbia riconosciuto il south working come “un’interessante opportunità per interrompere i processi di deaccumulazione di capitale umano qualificato”, lo studio dell’Associazione rivela che per trattenere queste preziose risorse nel meridione sia necessario intervenire su alcuni punti, considerati fondamentali dai lavoratori stessi: il servizio sanitario, la qualità dei trasporti, i servizi offerti alle famiglie, la possibilità di far carriera e la qualità del sistema scolastico.
Eh signori miei, non basta mica che ci mettiate la banda larga per trattenerci a casa! Il lavoro ricopre un ruolo centrale ma la vita è fatta anche di altro!
Se una volta finita la giornata lavorativa davanti al nostro bel pc usciamo e ci troviamo di fronte a vari disagi è normale che la voglia di andarsene torni a farsi sentire.
Una svolta a questa situazione penalizzante per i giovani meridionali potrebbe venire proprio dai fondi del Next Generation EU che potrebbero essere usati per portare avanti i tanto agognati interventi strutturali che da sempre bisognerebbe adottare nel nostro Paese.
In effetti nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), il documento dove l’Italia ha dovuto indicare nel dettaglio come ha intenzione di investire le risorse che arriveranno, troviamo dei grandi obiettivi come:
- rafforzare le prestazioni (sanitarie) erogate sul territorio
- rendere, entro il 2026, il sistema infrastrutturale più moderno, digitale e sostenibile
- alleggerire i carichi di cura tradizionalmente gestiti nella sfera familiare dalle donne
- potenziare l’offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido all’Università
Tutte misure che ci fanno ben sperare. Se poi pensiamo che i giovani e il Sud sono considerati due dei tre obiettivi trasversali del Piano allora dovremmo iniziare veramente a vedere la luce in fondo al tunnel!
Nonostante ciò non è che mi senta proprio tranquilla…
Purtroppo dell’incapacità dell’Italia di spendere i fondi europei se ne parla da anni.
Riusciremo questa volta a spenderli tutti e, soprattutto, in modo lungimirante?
Noi sicuramente terremo gli occhi aperti!