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Il Private Equity non guarda al sud

Il Private equity è finalmente in crescita in Italia. Grazie a questa forma d’investimento le nostre imprese possono allo stesso tempo puntare sull’innovazione e aumentare la propria competitività su scala internazionale. Tuttavia, gli investitori non guardano alle numerose start-up meridionali e il Sud arranca per la carenza di infrastrutture.

Il private equity è una forma di investimento attraverso cui, principalmente investitori istituzionali apportano nuovi capitali in società non quotate in Borsa (ma dotate di elevate potenzialità di crescita) con l’acquisto di azioni, per poi disinvestire con lo scopo di ottenere plusvalenze dalla successiva vendita delle stesse. 

In Italia il mercato del Private Equity è presente da oltre 20 anni, ma stenta a decollare. Risulta ancora distante dai livelli raggiunti nel resto d’Europa, soprattutto in Francia, Germania e Spagna. Basti pensare che il numero di operazioni nel nostro Paese nel corso degli anni è rimasto quasi invariato: circa 284 operazioni annue.

Il principale ostacolo alla crescita del Private Equity nel nostro Paese è dato da un ecosistema arretrato. Alla base di questa inadeguatezza risiede una grande problematica culturale delle aziende Italiane in termini di mentalità, ma anche di conoscenza del mercato del Private Equity stesso, che difficilmente viene percepito anche come una forma di supporto alle società. Un supporto che non si limita soltanto all’apporto di capitale ma che introduce anche conoscenze, esperienze, managerialità e innovazione. Nel nostro Paese prevale invece l’approccio “one man show”.

Altra problematica che blocca i grandi investitori esteri è l’incertezza e la complessità dei sistemi regolamentari italiani, che causano il più delle volte una dilatazione dei tempi delle operazioni di finanziamento e di cessione.

Ma il 2020 ha segnato un punto di svolta in tal senso. Nonostante il peggioramento delle condizioni macroeconomiche e la minaccia di una recessione incombente, lo scorso anno i fondi di private equity ha dato prova di grande resilienza.  

Infatti hanno continuato a concludere accordi, registrando buone attività di exit e raccogliendo la somma di capitali più elevata di sempre. Gli investitori hanno versato 894 miliardi di dollari nel mercato dei capitali privati, che include private equity, immobili, infrastrutture e risorse naturali.

L’innovazione e la crescita delle aziende italiane passa anche dal loro finanziamento. Il Private Equity è uno degli strumenti principali per riuscire a far competere le medie e grandi aziende italiane a livello globale. Questo metodo d’investimento risponde infatti all’esigenza di sostenere soprattutto progetti di Industria 4.0, open innovation, digitalizzazione, diversificazione, acquisizione e internazionalizzazione, che spesso rischiano di non realizzarsi se le imprese non trovano strumenti e partner finanziari adeguati.

Sebbene emergano dati confortanti in tal senso su scala nazionale, ancora una volta il Sud fatica di più.

Infatti, solo il 5% delle acquisizioni di società target realizzate nel 2019 ha interessato aziende del Mezzogiorno. E delle cinque operazioni più importanti del 2020, tra i 93 e il 25 milioni, nessuna riguarda imprese del Sud. Dato allarmante se pensiamo che alcune regioni del Sud Italia si sono distinte per il significativo numero di start-up nate. In testa la Campania con ben 1.091 startup innovative.

Alcuni esperti del settore individuano come cause di questa differenza nelle preferenze degli imprenditori meridionali verso i canali di investimento tradizionali. E ancora, nelle contenute dimensioni delle imprese e nella scarsa visibilità e notorietà.

In realtà, quello che spaventa gli investitori è principalmente la carenza di infrastrutture nel  Mezzogiorno, che mina le potenzialità di crescita di queste imprese e la loro redditività. Ancora una volta è compito del Governo Nazionale garantire le giuste condizioni affinché le buone idee e l’iniziativa imprenditoriale abbiano l’opportunità di crescere e attrarre nuovi investimenti, eliminando i soliti, arcaici ostacoli che distinguono l’ecosistema meridionale dal resto del Paese.

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