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L’antitesi: imprenditoria giovanile e Italia

Nonostante rappresentino una fetta importante della nostra economia, le imprese under 35 spesso non riescono a sopravvivere a causa della mancanza dei giusti incentivi. Le baby imprese giovano all’Italia, ma l’Italia non giova alla loro imprenditorialità.

Nonostante la crisi, sono ancora molti i giovani italiani che decidono di inserirsi nel settore imprenditoriale: nel 2020 le imprese guidate da Under 35 sono state mezzo milione, coprendo ben l’8,7% del sistema produttivo del Paese. 

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato da Unioncamere i settori in cui i giovani sono più propensi ad investire sono l’agricoltura e l’ospitalità, oltre che l’innovazione e la green economy.

L’Italia si qualifica, infatti, come leader europeo nel numero di progetti agricoli condotti da giovani. E questo lascia pensare che l’agricoltura possa finalmente rivelarsi una grande opportunità per le generazioni future.

Purtroppo però le statistiche evidenziano un dato allarmante: un’impresa giovanile su tre non riesce a sopravvivere più di 5 anni. Addirittura, la metà di queste non oltrepassa neanche il primo biennio. Il risultato è che in soli otto anni si sono perse 122 mila imprese guidate da under 35.

Sebbene i  giovani imprenditori possano vantare una maggior propensione a valorizzare il proprio know-how e inseguire il successo personale ed economico, le “baby imprese” stanno registrando un trend in calo rispetto a cinque anni fa. 

Occorre sempre analizzare i dati nel loro contesto: in questo caso bisogna precisare che negli ultimi anni si è registrata una riduzione sul piano demografico della fascia d’età dai 18 ai 35 anni. 

Tuttavia questo trend non è riconducibile, ahimè, al solo aspetto demografico.

Infatti la riduzione dello stock di imprese Under 35 non è in linea con il calo della popolazione tra i 18 e i 35 anni che nello stesso arco di tempo si è fermato, secondo l’Istat, al -5 per cento. Inoltre, il crollo non può essere neanche imputato del tutto alla più generale crisi economica: tra il 2011 e oggi le attività complessivamente registrate sono rimaste per lo più stabili.

Quella delle imprese under 35, quindi, sembra essere una vera e propria frenata

C’è da meravigliarsi  se si pensa al pacchetto di misure a favore dell’imprenditoria giovanile ( vedi Resto al Sud ) adottate negli ultimi anni. Ogni recente governo, chi più chi meno, ha approvato iniziative volte a finanziare o a semplificare l’autoimprenditorialità e, più in generale, le start-up innovative, dove nel 45,2% dei casi è presente un under 35 nella compagine sociale.

Sorge spontaneo, quindi, domandarsi se le misure messe in campo siano accessibili nel concreto. E ancora se abbiano individuato le vere necessità dei giovani imprenditori italiani.

Questi ultimi suggeriscono di snellire le pratiche burocratiche per l’accesso al credito. La burocrazia, infatti, frena sia l’assegnazione delle risorse pubbliche sia il lavoro quotidiano, facendo perdere in media oltre tre mesi di lavoro all’anno.

È stato inoltre trascurato il fatto che, oltre agli incentivi agli investimenti, sia necessario offrire servizi per la formazione imprenditoriale e per lo sviluppo di managerial skills.

Uno dei principali ostacoli per la sopravvivenza di queste giovani imprese è dato proprio dalla carenza di competenze specifiche in materia di gestione aziendale. 

Un aspetto da considerare e soprattutto da arginare, se pensiamo che se un’impresa giovanile riesce a superare la fase di start up dei 5 anni, la sua probabilità di sopravvivenza è superiore rispetto alle altre imprese over 35. Esse registrano addirittura un fatturato più elevato del 75% della media.

I giovani imprenditori di start-up richiedono più formazione sui temi del :

  • Management ( gestione finanziaria, problem solving, rapporti interpersonali, pianificazione e progettazione) 
  • Responsible Management of the Value Chain (creazione di valore e crescita) 
  • Rischio di impresa (disponibilità ad assumere rischi)

L’Italia conferma ancora una volta di non essere un Paese per i giovani.

Le imprese giovanili rappresentano un sistema virtuoso nella nostra economia, che ha fatto sì che l’ecosostenibilità e i modelli di produzione a basso impatto ambientale raggiungessero negli ultimi anni una importante crescita, sia a livello nazionale che internazionale.

In più, creano lavoro in una fase drammatica per i dati occupazionali del nostro Paese, ed è per questo che vanno tutelate e supportate. 

Occorre creare le condizioni necessarie affinché i nostri giovani imprenditori non fuggano all’estero.

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