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Mismatch: la scelta post-diploma tra università e ITS

In termini di mismatch e disoccupazione, i diplomati ITS registrano migliori performance rispetto ai laureati. Questi ultimi sono penalizzati anche guardando ai livelli di sovra-istruzione: perfino tra coloro che hanno conseguito un titolo in discipline economiche, giuridiche e scientifiche alcuni lamentano di non riuscire a trovare un’occupazione in linea con il proprio percorso di studio.

Dopo il diploma: università o ITS?

Avevamo accennato alla situazione dei laureati raccontando della coesistenza di disoccupazione, sovra-istruzione e incapacità delle imprese di reclutare personale. Approfondiremo ora altri aspetti del mismatch e parleremo anche di ITS, istituti post diploma che potrebbero avere un alto potenziale ma che sono ancora scarsamente diffusi. 

Scegliere l’università

Quale corso di laurea scegliere per non essere vittima di disoccupazione o mismatch? Secondo Massimo Anelli, economista della Bocconi, i giovani compiono delle scelte di studio che raramente sono sostenute da chiari progetti personali di vita e di lavoro. La decisione della facoltà avviene per lo più in base alle sole preferenze individuali e non è supportata da un percorso di orientamento che metta in luce anche gli esiti lavorativi e retributivi dei diversi indirizzi di studio. I cambi di ateneo o corso di laurea, infatti, sono abbastanza frequenti e riguardano il 9,4% dei diplomati liceali, l’8,9% dei professionali e il 7,1% dei tecnici. Per quali motivi gli studenti cambiano corso? Per insoddisfazione verso le discipline insegnate, soprattutto, ma anche per una valutazione negativa dell’ateneo. Alcuni perché il corso è troppo difficile, altri perché sono stati ammessi alla facoltà a cui non erano riusciti ad accedere in precedenza (Almadiploma, 2020). 

In base a quanto emerso dallo studio di Anelli, le lauree con maggiore ritorno economico sono, nell’ordine, economia e management, giurisprudenza, medicina e ingegneria. Tuttavia, in comparazione con la Germania, simile all’Italia per struttura produttiva e basso numero di iscritti all’università, nel nostro paese si laureano più giovani in scienze sociali e in discipline artistiche e umanistiche piuttosto che negli indirizzi citati dall’economista. 

Il mismatch in prospettiva 2020-2024

I diplomati del 2018 che si sono iscritti all’università hanno scelto per il 21,2% una facoltà a indirizzo umanistico, per il 19,3% l’indirizzo economico-sociale, per il 17,2% ingegneria o architettura, per il 15,6% un corso scientifico e per il 10,2% il percorso medico. La tesi di Anelli è confermata in termini assoluti, ma la questione è più complessa. Secondo ISTAT, infatti, nel 2018 i laureati tra i 20 e i 34 anni più penalizzati dal mercato del lavoro in termini di over-education possedevano titoli di studio afferenti ai seguenti indirizzi: socio-economico e giuridico (54,4%); umanistico e dei servizi (47,7%); scientifico STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics (34,5%); scienze della salute (attorno al 20%). Ciò significa che anche i laureati in discipline economiche, giuridiche e scientifiche hanno difficoltà a trovare un lavoro in linea con il loro percorso di studio.

Non solo università 

Dopo il diploma l’università non è l’unica scelta. Una valida alternativa è costituita dagli Istituti Tecnici Superiori (ITS), scuole ad alta specializzazione nate con la vocazione di rispondere alla domanda delle imprese. Gli ITS preparano a professioni altamente qualificate collegate ad aree tecnologiche strategiche, alternando l’esperienza in aula con la formazione in azienda. Il tasso di occupazione dei diplomati ITS è superiore a quello dei laureati: due terzi trovano rapidamente lavoro, spesso nelle imprese che li hanno ospitati durante la formazione, mentre solo il 44% dei laureati risulta occupato a un anno di distanza dal titolo. Tuttavia, questi istituti sono ancora scarsamente diffusi e conosciuti, al punto che vengono scelti da appena l’1,7% di tutti gli iscritti a un corso di studi terziario. 

Verso la scoperta del paradosso

Quanto incidono, quindi, le scelte formative sulla disoccupazione e sul mismatch? Molto, da un lato, perché è evidente che alcuni indirizzi di studio facilitino l’ingresso nel mondo del lavoro. Meno, dall’altro, quando constatiamo che il disallineamento tra percorsi di formazione e sbocchi occupazionali è alto sia tra i diplomati, sia tra i laureati, indipendentemente dal titolo di studio conseguito. Queste informazioni non sono tuttavia sufficienti per descrivere la vastità dell’argomento. È quindi necessario aumentare le prospettive ed esaminare il fenomeno anche dal punto di vista degli attori economici coinvolti.

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