Con mismatch ci si riferisce al disallineamento tra percorsi di formazione e sbocchi occupazionali. Questo problema viene spesso presentato come una critica da parte delle imprese al mondo dell’istruzione e dell’università. Secondo le aziende, gli anni di formazione non sarebbero in grado di trasmettere ai giovani le competenze necessarie per essere assunti o per dare il contributo atteso nel mercato del lavoro. Ma quanto incidono davvero le scelte formative sulle prospettive di lavoro future e sul fenomeno del mismatch?
La prima scelta: la scuola superiore
Ebbene sì, le radici del mismatch si annidano già nel passaggio tra scuole medie e scuole superiori. Non è un’esagerazione: nel 2017 due docenti della Bocconi, Pamela Giustinelli e Nicola Pavoni, hanno pubblicato una ricerca che indaga il processo di raccolta delle informazioni rilevanti per la scelta della scuola superiore. In base a quanto emerso dall’indagine, studenti e genitori avrebbero una conoscenza limitata delle scelte possibili e tenderebbero ad acquisire maggiori informazioni prevalentemente sulle alternative già di loro preferenza. La predisposizione verso queste alternative, tuttavia, dipenderebbe soprattutto dalla condizione socio-economica delle famiglie e, in parte, dai risultati ottenuti dallo studente. Non a caso, secondo Censis la carenza di orientamento scolastico è uno dei maggiori ostacoli al funzionamento dell’ascensore sociale in un contesto formativo che, di fatto, perpetua le condizioni di partenza delle famiglie. Ad ogni modo, concludono Giustinelli e Pavoni, le valutazioni delle famiglie si focalizzano troppo su aspetti di breve termine (il gradimento dello studente, l’impegno necessario, la qualità percepita dell’istituto) e meno su quelli di lungo periodo, come le prospettive in termini di mercato del lavoro o di accesso all’università.
L’inadeguatezza dell’orientamento scolastico è dimostrata inoltre dalla percentuale di diplomati che, a un anno dal titolo, si ritiene soddisfatta del percorso di studi. In base al Rapporto 2020 di Almadiploma, infatti, solo il 59,8% degli intervistati ripeterebbe il percorso scolastico concluso, mentre il 39,9% lo varierebbe, anche solo parzialmente. È interessante notare che i diplomati che più vorrebbero modificare la scelta compiuta sono quelli degli istituti professionali: proprio le figure che le imprese lamentano di non riuscire a trovare.
Scuola e Lavoro
L’assenza di una tradizione di alternanza scuola-lavoro alla stregua di quella tedesca incide profondamente sullo scollamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro e delle professioni, e condiziona anche negativamente la possibilità dei giovani di trovare un’occupazione dopo il diploma. Oggi è ancora troppo presto per valutare l’impatto che avrà sul fenomeno del mismatch l’alternanza scuola-lavoro introdotta con la famosa riforma della Buona Scuola (L. 107/2015). Ciò che è certo è che tale strumento dovrà essere accompagnato necessariamente da un cambio di mentalità e da un nuovo modo di concepire la scuola.
Fino ad ora i dati sono comunque incoraggianti: il 18,9% degli studenti diplomati nel 2018, in particolare i diplomati tecnici e professionali, è stato successivamente richiamato dall’azienda presso cui aveva compiuto l’attività di alternanza. Inoltre, tra questi, a un anno dal diploma il 32,5% dichiarava di lavorare ancora presso l’impresa in cui aveva svolto tale esperienza (Almadiploma, 2020).
Scenari post diploma
Cosa fare dopo il diploma? È questa la scelta che determinerà maggiormente le probabilità e le possibilità di inserimento nel mercato del lavoro. Le alternative sono soprattutto due: iniziare immediatamente a lavorare oppure continuare a studiare, presso l’università o altri istituti post diploma come gli ITS.