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Nuovo direttore per Pompei: è polemica

Si chiama Gabriel Zuchtriegel, è un italo-tedesco di 39 anni ed è uno dei più giovani direttori nei musei italiani. La sua nomina ha scatenato un vero e proprio putiferio, fino alle dimissioni di due membri del Consiglio scientifico di Pompei. C’è chi parla di contrasto generazionale, chi di incompetenza. Ma cos’è successo davvero?

È ufficiale: il parco archeologico di Pompei ha finalmente un nuovo direttore. Gabriel Zuchtriegel, italo-tedesco di 39 anni, curriculum di tutto rispetto. E allora come mai si è scatenata una polemica tale da concludersi con le dimissioni di due membri (su quattro) del Consiglio scientifico di Pompei?

Andiamo con ordine. Il bando era stato pubblicato a settembre 2020 dal nostro ministro dei beni culturali (che ora si è trasformato in ministro “della Cultura”) Dario Franceschini, con l’obiettivo di concludere la selezione entro la fine di marzo 2021. 

Un bando “internazionale” aperto a tutti coloro che rispettavano i tre requisiti di ingresso: 

  • laurea specialistica o magistrale italiana o estera
  • particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali per formazione, esperienze di lavoro e pubblicazioni scientifiche
  • aver ricoperto ruoli dirigenziali per almeno 5 anni in organismi, enti o aziende pubbliche o private, in Italia o all’estero.

La selezione si è svolta unicamente per titoli e colloquio, quindi nessuna prova scritta di valutazione. Le candidature sono state esaminate da una commissione composta da cinque membri “esperti di chiara fama” nominati sempre da Franceschini. In questo caso la scelta del ministro è ricaduta su Marta Cartabia, ministro della Giustizia, Luigi Curatoli, Generale dell’Arma dei carabinieri, Carlo Rescigno, professore ordinario di archeologia classica, Andreina Ricci, professoressa ordinaria di metodologia e tecnica della ricerca archeologica e Catherine Virlouvet, direttrice della École française di Roma.

Ora, come una giurista e un carabiniere possano valutare il curriculum di un professionista dei beni culturali, resta un mistero tutto italiano. Ma andiamo oltre. 

Alla fine, i migliori tre selezionati dalla commissione vanno a formare una “terna” che viene presentata direttamente a Franceschini, che di fatto è il responsabile della nomina. 

44 le candidature ricevute (solo 10 gli stranieri), e alla fine il bando l’ha vinto lui, Gabriel Zuchtriegel, già giovanissimo direttore del Parco archeologico di Paestum, che ora si ritrova ad essere responsabile della gestione del Parco archeologico di Pompei nel suo complesso, dello sviluppo del suo progetto culturale e scientifico nonché delle attività di studio, valorizzazione, comunicazione e promozione del patrimonio dell’istituzione. 

Franceschini dichiara soddisfattissimo “Ho scelto Gabriel Zuchtriegel perché a Paestum ha fatto un lavoro incredibile.”

Apriti cielo. 

Due membri (su quattro!) del Consiglio scientifico del parco archeologico presentano le dimissioni in segno di protesta: Stefano De Caro e Irene Bragantini, archeologi di chiara fama e componenti del consiglio da diversi anni. 

Altre figure di spicco del mondo culturale manifestano la loro solidarietà per i due esperti. Fioccano polemiche dal mondo accademico da tutte le parti, i media di settore impazziscono. 

Diverse figure autorevoli non riconoscono a Gabriel Zuchtriegel la competenza scientifica che ne giustifichi la nomina. Condannano la scelta del ministro, preoccupati che Pompei venga gestito in futuro non con una visione scientifica e culturale, ma solamente con criteri volti ad incrementarne l’utile finanziario.

C’è chi parla di contrasto generazionale: potrebbe anche risultare un’ipotesi credibile, considerando che i due componenti del consiglio dimessi hanno 73 e 70 anni. Il direttore uscente, Massimo Osanna, commenta: “Non capisco la polemica. Ha un ottimo curriculum scientifico, proseguirà il mio lavoro. Il fatto che Zuchtriegel abbia appena quarant’anni non penso possa essere un motivo per non ritenerlo all’altezza. Anzi, credo che sia un valore e un grande segnale di apertura verso le nuove generazioni”

Ma stavolta – per fortuna! – l’età non c’entra nulla. 

Quello che più ha sconvolto il mondo accademico è stato piuttosto il meccanismo che ha guidato la nomina. Fino al 2014 i direttori dei musei erano funzionari della Soprintendenza, quindi di fatto già dipendenti della pubblica amministrazione italiana, selezionati tramite concorso pubblico. Con la riforma Franceschini i neo direttori vengono scelti con una procedura che non si è mai sentita nella pubblica amministrazione (che è un mondo in cui anche l’ultimo dei custodi deve superare almeno quattro prove per accedere, in virtù del principio della trasparenza).

Questi nuovi “bandi internazionali” non sono di per sé dei concorsi, non presuppongono una commissione di esperti, né una serie di prove scritte di accertamento delle competenze. È invece il ministro in persona a scegliere il candidato più meritevole (e ricordiamo, Franceschini non è un archeologo né uno storico dell’arte, ma un avvocato) con totale discrezionalità. 

Luigi Malnati, soprintendente archeologico per la regione Emilia Romagna, parla di una procedura che ricorda un po’ le nomination dei reality show in televisione. «Le nomine diventano così scelte fiduciarie del ministro e quindi di fatto scelte politiche. I neo direttori rispondono direttamente al ministro. Uno che ha vinto il concorso, invece, è più autonomo, meno vincolato, può anche prendere decisioni scomode»

Molti si lamentano perché diversi professionisti ritenuti tra i migliori in Italia e con importanti esperienze di lavoro a Pompei  non siano nemmeno entrati nella terna finale. E dov’è il merito? Nulla contro Gabriel Zuchtriegel, ma viene effettivamente da chiedersi se con una procedura selettiva “standard” le cose sarebbero andate nello stesso modo. 

Dalla sua, il nuovo direttore sta già pensando ad un grande progetto di “manutenzione preventiva”, ad una biblioteca digitale per “condividere subito le ricerche secondo un modello di archeologia pubblica”, al rilancio dei siti minori, ad un patto col territorio, fino all’utilizzo di droni, sensori e ultime tecnologie. 

Staremo a vedere, ma finalmente l’ostilità dei professionisti del settore verso il nuovo sistema di nomine voluto dal nostro ministro è uscita allo scoperto e sta facendo un bel po’ di rumore. 

Ma intanto, il regno di Dario Franceschini continua. 

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