L’economia italiana si compone principalmente di piccole e medie imprese: non siamo di certo il paese delle grandi multinazionali. Ciò comporta che le risorse economiche che un neoimprenditore italiano può investire per l’avvio della sua attività sono generalmente limitate.
Quindi, anche se sulla carta l’iniziativa imprenditoriale non è negata a nessuno, di fatto risulta molto difficile esercitare l’attività d’impresa nel nostro Paese per una serie di fattori quali fisco, burocrazia e normativa inadeguati.
Il peso del Fisco sugli utili
La Banca Mondiale e Pwc hanno evidenziato, con l’ultimo rapporto “Paying Taxes” che tra tasse e contributi nel nostro Paese se ne va il 59,1% degli utili commerciali contro una media europea del 38,9%.
L’Italia si colloca così in 188esima posizione su 212 economie analizzate.
Considerando che il sistema fiscale italiano prevede il particolare meccanismo del saldo e dell’acconto (in base al quale il contribuente è obbligato ad anticipare parte degli utili che non ha ancora conseguito) è chiaro che l’aggravio fiscale è una forte discriminante nel fare impresa.
Il rapporto segnala, inoltre, che sono ben 238 le ore impiegate dalle imprese italiane per gli adempimenti fiscali e 14 il numero di pagamenti annuali obbligatori. Questi numeri annoverano le nostre imprese tra le più tassate al mondo.
Normativa poco chiara
Altro tasto dolente è senz’altro la mancanza di una normativa fiscale chiara e univoca.
I continui cambiamenti della materia fiscale a cui ci hanno abituato i governi degli ultimi anni rendono impossibile effettuare una pianificazione interna, elemento essenziale nella corretta gestione d’impresa. Inoltre offrono un forte incentivo all’evasione fiscale.
Senza dimenticare che la lettura della normativa tributaria è accessibile a pochi.
Ma sarà almeno una normativa equa? Ovviamente no! Nonostante ad ogni campagna elettorale si promuova un alleggerimento per alcune categorie di contribuenti (ad esempio quelli con redditi più bassi) nella pratica non è ciò che si è ancora verificato.
In vista di una ripresa economica sarebbe opportuno considerare una riforma tributaria che semplifichi la normativa e che renda più efficiente l’apparato produttivo italiano.
Incubo burocrazia
Come se non fosse sufficientemente ardua la strada per un imprenditore italiano, ci si mette anche la scarsa qualità dei servizi erogati dalle Pubbliche Amministrazioni, che fanno perdere alle imprese italiane circa 70 miliardi di PIL. L’Italia si posiziona così al terzultimo posto nella classifica internazionale per la qualità della burocrazia.
Avviare un’attività nel Bel Paese significa interfacciarsi con numerosi uffici diversi, ognuno con articolate procedure da seguire che spesso non sono note nemmeno agli addetti ai lavori.
Gli esperti puntano sull’innovazione tecnologica per rendere più snella e veloce la burocrazia italiana, ma nonostante i buoni risultati registrati in questo senso, la strada da percorrere è ancora lunga.