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Dottori di ricerca inquadrati come tirocinanti

Questo ed altro sempre qui, al Ministero per i beni e le attività culturali. È uscito da poco un nuovo bando per 40 tirocini formativi e presenta sempre il solito problema: si scrive tirocinio, si legge manodopera sottopagata.

Ci risiamo. Il Ministero dei Beni Culturali ha pubblicato un nuovo bando per l’avvio di tirocini formativi e di orientamento, stavolta in biblioteche e archivi. Il bando in questione (consultabile sul sito del Mibact) è finalizzato ad ingaggiare 40 giovani ultra specializzati per la digitalizzazione di beni archivistici e librari in diverse istituzioni culturali del paese, da Roma a Venezia. 

Nonostante il tema della digitalizzazione dei beni culturali sia da anni al centro del dibattito pubblico, raramente si è giunti a un qualche risultato. 

Ma che cos’è la digitalizzazione? Non si tratta di “fare fotocopie” né di passare interi libri sotto lo scanner. È piuttosto una metodologia per garantire la consultazione e lo studio dei materiali bibliografici e archivistici, per tutelarne la conservazione e ricavarne materiali utili alle attività di valorizzazione. Un bene digitalizzato è fruibile e consultabile da remoto, è indicizzato e recuperabile attraverso piattaforme e portali dedicati e permette uno scambio di dati più veloce ed efficiente. Possedere interi fondi digitalizzati significherebbe anche poter creare contenuti digitali per il web e proporre nuove modalità di fruizione, acquisire e diffondere immagini digitali ad alta risoluzione per la catalogazione e lo studio attraverso database open access, digital library e portali web.

Nella pratica, è un lavoro delicato che si effettua con speciali scanner ad alta risoluzione e software di catalogazione dedicati. La parte complessa del processo non è però – come molti pensano – la scansione dei materiali. Lo studio si concentra sulla loro catalogazione, che deve essere effettuata secondo precisi protocolli e standard internazionali, in modo da rendere i documenti consultabili in un’ottica di interoperabilità dei dati. Un lavoro complesso quindi, che meriterebbe un piano d’azione e lungo termine e una programmazione ben delineata. 

Cosa di cui si parla da anni, ma che attualmente non è ancora attuabile a causa di una mancanza di progettualità e soprattutto di personale qualificato

Non passa anno, infatti, in cui la digitalizzazione non si posizioni al centro dei programmi del ministero, in cui non vengano redatti “Piani per la digitalizzazione” e proposte di promozione degli interventi. Quest’anno la digitalizzazione è stata definita come uno degli strumenti in cui investire per risollevare il settore dalla crisi.

Tuttavia, sappiamo bene che il modus operandi del nostro ministero è molto lontano da concetti come “programmazione” e “lungo termine” e molto più vicino ad azioni spot che nulla servono se non a creare sempre più frammentazione nelle realtà di archivi e biblioteche.

Dopo il fallimento di diversi piani e progetti di digitalizzazione, quest’anno il Ministero ha pensato bene di raccattare 40 tirocinanti per sei mesi, perché è così che si opera nel nostro paese. Se c’è un lavoro che va svolto per cui non si hanno le risorse (o forse perchè nella realtà non è così prioritario come viene dichiarato) ecco che spuntano magicamente i fondi per tirocini, contratti a progetto, “call”, campagne di volontariato civico e chi più ne ha più ne metta. 

Di come il volontariato e lo sfruttamento ad oltranza dei professionisti della cultura siano realtà ben radicate nel settore, ne avevamo parlato tempo fa in un altro articolo.

Ad ogni modo, il suddetto bando si propone di ingaggiare 40 giovani under 30 a cui affidare il delicato compito di digitalizzare fondi storici e beni documentali. Ma attenzione, mica ci accontentiamo di giovani e promettenti neolaureati da formare (perché pur sempre di tirocinio formativo si tratta) e su cui investire per fornire loro competenze utili nel settore culturale. Di digitalizzazione ce n’è estremamente bisogno, e noi ovviamente siamo spaventosamente  indietro. 

No. 

Per selezionare questi 40 giovani è stato pubblicato un elenco con i requisiti per presentare la candidatura. Limite d’età 29 anni, laurea magistrale in Archivistica o in Biblioteconomia con voto non inferiore a 105/110.  Eventuali altri titoli di studio nel settore, con la clausola che il più recente deve essere stato conseguito nei 12 mesi precedenti alla pubblicazione del bando. Ma non basta: per formare il punteggio di ogni candidato, sono valutabili anche i diplomi delle scuole di specializzazione,  titoli di studio post-universitari, il dottorato (solo se già conseguito), i periodi di tirocinio o periodi di collaborazione nel settore dei beni e delle attività culturali e le pubblicazioni scientifiche

L’assurda modalità di attribuzione dei punteggi prevede che siano assegnati ben 14 punti nel caso di laurea conseguita con 110 e lode,  ma solo 2 se si ha 106. 

Per completare la graduatoria è poi necessario sostenere un colloquio, dal quale si possono ottenere fino a 50 punti.

Insomma, pare che di “formativo e di orientamento” questi tirocini non abbiano nulla: anzi, onestamente, l’idea di parlare di “orientamento”ad un professionista iperspecializzato che ha all’attivo dottorati e pubblicazioni fa abbastanza ridere. 

Il bando si presenta di fatto come un reperimento di manodopera specializzata a basso costo. Il Ministero non manca di sottolineare come iniziative di questo tipo siano già state “avviate con successo negli anni 2014 e 2015”. 

Per inciso, tali iniziative altro non erano che l’assunzione di personale ultraqualificato inquadrato come tirocinante e utilizzato come tappabuco temporaneo.

Ovviamente (e per fortuna!), non sono mancate le polemiche: oltre alla classica indignazione degli operatori del settore che ormai segue quasi tutte le iniziative del Mibact, si è aggiunta anche una disputa sul limite d’età. Molti si sono chiesti come un ventinovenne possa avere all’attivo pubblicazioni e dottorati, e contemporaneamente aver conseguito l’ultimo titolo di studio entro 12 mesi. Molti altri si sono indignati per il limite stesso dei 29 anni: allo stato attuale delle cose, che cosa può fare un giovane che ha raggiunto i 30, se le uniche opportunità che offre il settore sono tirocini, stage e servizio civile per neolaureati, che mai si trasformano poi in contratti seri? 

La ciliegina sulla torta, la retribuzione del tirocinio: 1000 euro al mese (LORDI), che in quanto reddito derivante da un tirocinio non sono conteggiati a fini pensionistici, non maturano ferie né malattia, né Tfr. Per di più, dei 40 posti a disposizione molti hanno sede a Roma: come può un giovane laureato iperspecializzato candidarsi, sapendo che magari dovrà trasferirsi nella capitale e vivere con 700-800 euro netti al mese?

Tante domande, a cui, come al solito, non c’è risposta.

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