Il mondo dell’arte contemporanea è affascinante e in rapida espansione. Musei, gallerie, fiere di settore, aste e mostre temporanee costituiscono un mercato in costante crescita e dal valore globale di 64 miliardi di dollari*.
Ecco perché moltissimi giovani incuriositi da questo mondo investono in percorsi formativi in Arte contemporanea, Studi Curatoriali, Arti Visive e Design offerti da università pubbliche e private ed Accademie di belle arti.
E poi? Per molti il sogno è quello di lavorare in una galleria, o addirittura di aprirne una propria. In ogni caso, il primo passo da fare per avviare una carriera da gallerista o curatore è lo stage, un’esperienza per imparare e fare curriculum e che magari può tramutarsi successivamente in una collaborazione continuativa.
Ma in un paese in cui studiare Arte è troppo spesso percepito come una perdita di tempo, come si svolge tutto ciò nel concreto?
Buona parte delle gallerie offrono opportunità di stage agli studenti universitari, ma alla fine raramente queste si trasformano in contratti più strutturati. In Italia molte gallerie sono a conduzione familiare e c’è pochissimo spazio per nuove assunzioni: nella maggioranza dei casi rappresentano solo un posto da cui partire, ma senza alcuna possibilità di accesso immediato al mondo del lavoro.
Qualche anno fa gli studenti di Arti, Design e spettacolo dello IULM di Milano hanno realizzato un’inchiesta sugli stage nelle gallerie d’arte italiane, coinvolgendone quasi una sessantina**. Le risposte dei galleristi sono state diverse, con l’unica costante che in pochissimi casi lo stage si è trasformato successivamente in un lavoro. Alcune gallerie considerano la gestione di un tirocinio soltanto un onere organizzativo, altre un’occasione per delegare specifiche mansioni e trarne un arricchimento da entrambe le parti.
La maggior parte hanno infatti dichiarato di avere un’assidua presenza di stagisti universitari che si succedono nel tempo, ma l’assunzione successiva non è mai considerata. I requisiti obbligatori all’accesso risultano la conoscenza del settore, motivazione, capacità organizzative, dimestichezza linguistica e informatica, a volte anche doti artistiche e grafiche. Molto variegate anche le mansioni: accoglienza in galleria, allestimento delle mostre, catalogazione delle opere, aggiornamento delle pagine web, dei social e della newsletter, organizzazione fiere ed eventi.
Tutto ciò normalmente non conduce all’assunzione in galleria, ma consente soltanto di fare un’importante esperienza da poter inserire nel curriculum, spesso a titolo gratuito. Nel migliore dei casi la retribuzione arriva a 400 euro per un full time.
Cosa fare dunque, per fare carriera in questo settore? La risposta (forse scontata) sembra quella di andare all’estero, e precisamente negli Stati Uniti. Sebbene sia un paese ricco di criticità e contraddizioni, gli USA mostrano un’apertura verso l’arte contemporanea molto diversa rispetto all’Italia.
Il sistema meritocratico americano permette a chi è qualificato di trovare lavoro senza particolari problemi. Una laurea specifica – ancora meglio se conseguita in un’università prestigiosa e corredata da una tesi brillante – rappresenta un buon biglietto da visita per interessanti opportunità lavorative. L’importanza attribuita al business dell’arte fa dei professionisti del settore delle figure molto apprezzate e riconosciute, e la richiesta è molto alta grazie all’importante mole del mercato.
Gli Stati Uniti infatti rappresentano il primo paese per fatturato del settore dell’arte moderna e contemporanea: secondo l’Art Basel and UBS Global Art Market Report 2020, detengono il 44% del mercato mondiale, staccandosi di molto dal Regno Unito (che ne rappresenta il 20%, piazzandosi al secondo posto) e dalla Cina (19%). Queste tre potenze coprono da sole ben l’83% del mercato. Seguono con contributi modesti (da 7 a 1%) Francia, Svizzera, Germania e Spagna.
E l’Italia? Il nostro paese riveste soltanto un ruolo marginale, coprendo meno dell’1% del fatturato globale.
Molti laureati espatriano cercando opportunità nei grandi musei internazionali come il Moma di New York o il Guggenheim, che si avvalgono di moltissimi collaboratori, tra cui guide turistiche, curatori museali ed esperti di didattica dell’arte. Anche le gallerie e le aste americane attirano ogni anno migliaia di collezionisti che vengono ad acquistare i capolavori.
Ci sono ovviamente importanti realtà di arte contemporanea anche in Italia, ma sicuramente qui la gavetta da fare è più lunga e travagliata perché la richiesta di queste figure professionali è bassissima rispetto all’offerta. La nostra situazione culturale al momento non è in fermento come quella americana e per i giovani risulta molto difficile inserirsi.
In molti casi è questione di fortuna o di contatti, e per tanti laureati la carriera tanto sognata rischia di trasformarsi presto in un continuo susseguirsi di stage e contratti a termine sottopagati e senza nessuna garanzia.
* Art Basel and UBS Global Art Market Report 2020
** pubblicata poi da Artribune qui