La guida turistica – da non confondere con l’accompagnatore turistico – è un professionista che accompagna i turisti nelle visite al patrimonio culturale illustrandone le caratteristiche storiche e artistiche. Non tutti sanno che per esercitare la professione è necessario un patentino, un’abilitazione conseguibile con un esame di stato.
In un paese in cui il turismo rappresenta una grossa fetta del Pil, sarebbe del tutto normale pensare che questa professione, come quella del medico o l’avvocato, sia riconosciuta e regolamentata da norme precise.
Nulla di più sbagliato. In Italia gli esami per guida turistica sono pochissimi, non c’è un albo nazionale riconosciuto e l’abusivismo è una realtà ben presente. Ad oggi non c’è una legge che stabilisca nemmeno chi debba organizzare l’esame e quali siano i requisiti dei candidati. La normativa a riguardo è piuttosto confusionaria: fino al 2013 gli esami erano organizzati dalle regioni, le prove prevedevano la conoscenza approfondita del patrimonio culturale locale e l’abilitazione permetteva di esercitare soltanto all’interno di quella regione. Con la legge 97/2013 si è eliminato questo vincolo: da allora l’abilitazione è valida in tutto il territorio nazionale.
Il programma d’esame verte comunque sulle specificità culturali della regione in cui ci si abilita. Non è chiaro il motivo, visto che a causa della mancanza di concorsi molte persone si spostano per ottenere l’abilitazione e poi vanno ad esercitare da tutt’altra parte.
Ad ogni modo, la legge del 2013 non regolamenta in modo organico la professione e non definisce in nessun modo le modalità di conseguimento dell’abilitazione, compiti che erano stati delegati a un decreto attuativo successivo.
Ma la burocrazia italiana non smette mai di stupirci: questo decreto non è mai uscito. Si è creato così un vero e proprio vuoto normativo che rende impossibile capire come muoversi.
A complicare la situazione già intricata, nel 2015 è stato emanato un nuovo decreto (“Individuazione dei requisiti necessari per l’abilitazione allo svolgimento della professione di guida turistica e procedimento di rilascio dell’abilitazione”) che alcune fonti – tra cui anche Wikipedia – ritengono valido e attivo.
Non è così: nel 2017 è stato infatti impugnato e successivamente annullato dal Tribunale Amministrativo del Lazio. Il vuoto normativo è stato così ripristinato, e tutto il settore è tornato nel caos più totale.
In sostanza, in attesa di più precise istruzioni dal Ministero, tutti i bandi regionali sono bloccati dal 2013. La situazione è paradossale e sembra che abilitarsi come guida turistica sia diventato quasi impossibile.
Alcune regioni si sono mosse in autonomia – le ultime sono state Calabria e Sicilia – disponendo degli esami di abilitazione con requisiti più o meno fantasiosi: chi prevede la conoscenza di una lingua straniera, chi due, chi pretende la laurea in Beni Culturali e chi accetta anche il solo diploma.
Nella remota ipotesi di ottenere il patentino, poi si lavora come libero professionista a partita Iva o come collaboratore esterno in associazioni, cooperative, agenzie specializzate. Negli ultimi anni si è aperto anche il mercato online, tramite siti web o pagine sui social dedicati alla promozione dei propri tour. Ovviamente è necessario non fermarsi mai e fare formazione continua: conoscere più lingue, ad esempio, crea molte più opportunità di lavoro vista la grossa mole di richieste da parte dei gruppi di turisti stranieri.
Molte aspiranti guide, in attesa dell’esame – anche perché aspettare anni e anni è la normalità – cercano di lavorare in altri modi, attraverso associazioni, stage curriculari e tirocini. Molti musei infatti esternalizzano i propri servizi a enti terzi, che assumono il personale per le visite guidate tramite contratti a chiamata e collaborazioni occasionali. Quasi mai chi tiene le visite guidate è una guida abilitata, piuttosto si tratta di laureati in Beni culturali o Storia dell’arte in cerca di esperienze per il curriculum.
Uno dei grandi problemi in Italia è infatti la massiccia presenza di guide non autorizzate, che lavorano tramite cooperative e agenzie di viaggi che non sempre impongono il possesso del patentino.
Come se non bastasse, ci si mette anche l’immancabile volontariato, che abbiamo capito essere una realtà tristemente radicata tra le professioni della cultura. Anche in questo ambito c’è infatti un pullulare diffuso di associazioni che propongono iniziative ed eventi a costo minimo o assente, sottraendo lavoro alle guide abilitate.
Un esempio per tutti: le giornate del FAI – Fondo Ambiente Italiano – ovvero quelle giornate indette in primavera e autunno in cui è possibile visitare gratuitamente moltissimi siti e beni culturali normalmente inaccessibili. Iniziativa nobile, se non fosse che il personale che si occupa di guidare i visitatori non è costituito da guide turistiche, ma da volontari dell’associazione e da – rullo di tamburi – studenti delle scuole superiori, ingaggiati per essere “apprendisti Ciceroni” per un giorno.
Il tutto alla faccia del percorso formativo articolato e dell’esame abilitante alla professione di guida turistica, la quale proponendo tour a pagamento si trova inesorabilmente in posizione di svantaggio.
Con l’abilitazione da guida turistica – sempre che si riesca ad ottenerla – l’opzione più conveniente sembra quindi scappare all’estero, dove lavorare è più semplice e c’è molta richiesta di guide italiane per accompagnare i gruppi di turisti italiani.
Come se non bastasse, l’emergenza sanitaria in corso ha di fatto lasciato senza lavoro tutte le guide turistiche abilitate, e per di più nel momento dell’anno più fruttuoso. Quelle a partita Iva riceveranno i 600 euro previsti dai decreti. Chi invece lavora tramite associazioni e cooperative nemmeno quelli, e vive con la consapevolezza che ci vorrà almeno un anno per vedere la ripresa.
Per Chiara questo lavoro rimane un sogno nel cassetto, ma vista la situazione non nasconde che prepararsi un piano B sia necessario.
A chi non conosce il settore potrà sembrare un paradosso: in Italia abbiamo dei professionisti preparati e un patrimonio culturale ricchissimo, ma la mancanza di fondi e la normativa poco efficiente rendono difficile l’incontro tra i due.
Come al solito, anche qui il volontariato sta soppiantando il lavoro retribuito, anzi: sembra che farsi pagare per qualcosa che molti altri – meno qualificati e spesso a tempo perso – propongono gratuitamente sia una forma di lucro inconcepibile.