Mi chiamo Nadia, ho 25 anni e frequento l’ultimo anno in un’ Accademia di Belle Arti: mi occupo di audiovisivi e sono una tutor per gli altri studenti del mio corso di studi. Ho partecipato a diversi workshop di fotografia, facendo da assistente a fotografi di fama internazionale e una volta ho esposto un mio lavoro all’estero. Ho iniziato questo percorso con l’idea di diventare una fotografa professionista, ma dopo quasi cinque anni devo dire che non sono sicura che sia stata una buona scelta. Con il tempo ho capito che in Italia il settore dell’arte è, oltre che di difficile accesso, anche abbandonato a sè stesso. Gli istituti di alta formazione artistica come il mio sono in condizioni pietose, e il titolo che si consegue non è nemmeno considerato una laurea vera.
In Italia le Accademie di Belle Arti statali sono circa una ventina, e offrono corsi di pittura, scultura, decorazione, ma anche graphic design, scenografia, didattica dell’arte e molti altri, con lo scopo di formare sia artisti che professionisti dell’arte.
Purtroppo avviare una carriera nell’arte nel nostro paese sembra pura utopia, considerata la situazione in cui versano le istituzioni Afam – Alta Formazione Artistica e Musicale – di cui fanno parte le Accademie di Belle Arti e i Conservatori. L’anno scorso gli studenti delle Accademie hanno avviato una serie di proteste sotto lo slogan di “Chiamata alle Arti” per denunciare lo stato delle cose e avere un riconoscimento professionale e le attenzioni delle autorità, troppo spesso mancanti.
Uno degli obiettivi tanto agognati sarebbe il riconoscimento di status universitario dei percorsi formativi: gli studenti di accademie e conservatori infatti non conseguono una laurea, ma un diploma equiparato. Sembra che studiare arte non sia dunque considerata una formazione universitaria, ma piuttosto una specie di hobby. Di conseguenza, i diplomati dell’accademia sono discriminati nell’accesso a concorsi o a formazione superiore come master e dottorati di ricerca inerenti – che in Italia non esistono ancora, sebbene siano attive da anni le proteste per ottenerli.
Inoltre, gli studenti Afam non dispongono di un organo di rappresentanza ufficiale – diversamente dai colleghi universitari – e possono contare solo su tre appelli d’esame all’anno. Tra coincidenze di orari, assenze dei professori precari e scioperi, è quasi impossibile finire il percorso nei tempi stabiliti.
Analogamente agli studenti, anche ai docenti delle Accademie e dei Conservatori manca il riconoscimento e l’equiparazione giuridica al mondo universitario. Il tutto, unito ai continui tagli di personale, alla mancanza di manovre di assunzione organiche e ai fondi ridicoli messi a disposizione delle istituzioni, ha fatto sì che quasi la metà degli insegnanti delle accademie sia assunta con contratti co.co.co.
Assolutamente delirante l’intervento del governo dell’anno scorso, che ha improvvisamente abolito i contratti co.co.co. – istituiti appunto per sopperire alla mancanza di concorsi
ordinari del Miur – senza prevedere un piano di assunzioni alternativo. Va da sé che l’anno accademico è iniziato nel trambusto più totale, mancando improvvisamente quasi la metà dei professori e rendendo impossibile l’avvio dei corsi.
Dopo numerose mobilitazioni in tutta Italia sotto lo stesso manifesto – «Abbiamo provato a sognare una laurea. Ad accontentarci di un diploma. A credere alla favola dell’equipollenza. A studiare senza continuità didattica. A seguire lezioni senza docenti. A lavorare senza materiale. A fare ricerca senza dottorati. A partecipare a concorsi senza essere ammessi. Ci abbiamo creduto senza essere mai considerati» – si è intervenuto con un incremento dei finanziamenti e il ripristino dei contratti co.co.co., ma solo per tre anni. Dopo questi tre anni, nessuno sa che succederà. La sensazione è quella di profondo e generalizzato disinteresse per questo tipo di percorso formativo, intervallato da sporadiche misure di tamponamento come queste. Come al solito, l’Italia vive la contraddizione di avere le potenzialità per creare un importante e redditizio settore dell’arte ma di non renderlo praticabile. Anomalia possibile solo nel nostro paese, visto che le Accademie estere sono delle vere e proprie università riconosciute ed apprezzate.