“Ho preso una laurea magistrale in Lettere pochi mesi fa e mi sono buttata nel mondo dell’insegnamento, vedendolo come lo sbocco lavorativo più in linea con il mio percorso. Dopo la laurea e un tirocinio curriculare in una scuola media, ho dovuto fare i conti con la realtà: purtroppo al momento il mondo della scuola sta passando una grossa crisi, la carenza di maestri e professori è vastissima e quelli che ci sono sono per la maggior parte precari. Io ho avuto fortuna e sono stata chiamata quasi subito per una supplenza, ma a molti non va così. Il percorso per diventare docenti è lungo e complesso, la legislazione cambia continuamente ed è diversificata per ogni livello di istruzione. Fino ai primi anni duemila per insegnare alla scuola elementare non serviva nemmeno la laurea, oggi invece è necessaria quella specifica in Formazione primaria. Per medie e superiori invece è richiesta una laurea magistrale coerente con la propria materia, e da un paio d’anni anche 24 cfu aggiuntivi in ambito pedagogico, psicologico e didattico. Questo è quello che – al momento – costituisce l’insieme dei requisiti per accedere ai concorsi pubblici per ottenere il posto di ruolo. Ma la verità è che i concorsi ordinari non vengono fatti da anni, se ne parlava l’anno scorso ma poi ci sono stati continui rinvii: forse ci sarà qualcosa in autunno, ma al momento è una grande incognita. Nel frattempo gli aspiranti insegnanti come me devono accontentarsi di supplenze e contratti a termine, in qualche caso addirittura di pochi giorni.“
In questi anni stanno infatti andando in pensione moltissimi docenti – di cui una grossa fetta con Quota 100 – ma come in molti altri settori pubblici non vengono sostituiti. La mancanza di fondi ha causato il blocco del naturale ricambio generazionale: basti pensare che più della metà degli insegnanti italiani di ruolo ha più di 50 anni e che la fascia under 35 è rappresentata da meno dell’ 1%*. Quel che è peggio è che sono gli studenti che ci rimettono, dato che sottoposti a continui cambi di docenti e a programmi di studio eterogenei e lacunosi che si accavallano. Le supplenze brevi e il precariato rendono impossibile pianificare nell’anno scolastico un programma di apprendimento completo e coerente, sostituito da lezioni qua e là e da metodi diversificati.
Il quadro è così grave che le graduatorie già esistenti non bastano a coprire tutti i posti vacanti, e le scuole devono ricorrere continuamente alle liste di chi ha fatto la messa a disposizione. I buchi di personale sono tali che che spesso capita di coprire cattedre per le quali non si è qualificati: Daniela è stata chiamata per una supplenza alle elementari per il ruolo di maestra di sostegno (che secondo la legislazione non potrebbe fare, in quanto sprovvista di laurea in Formazione Primaria). Situazione ancora più demenziale quella degli insegnanti di materie scientifiche: sono così pochi quelli che si propongono che spesso il posto rimane vuoto, o viene coperto da neolaureati ingaggiati tramite le conoscenze o i vicini di casa**. Ma d’altronde quale laureato in matematica, fisica o informatica si butterebbe nell’insegnamento – sapendo che lo aspetterebbero anni di precariato e una paga che è tra le più basse in Europa* – quando invece in aziende private otterrebbe molte più soddisfazioni professionali? Senza dimenticare che con questo tipo di contratti nel periodo della pausa estiva non si percepisce nessuno stipendio. E come glielo spieghiamo noi che le bollette e l’affitto si pagano anche a luglio e agosto?
* Rapporto Education at a Glance 2019
** Storia vera, testimonianza raccolta